Una tragedia di cui è difficile capire le motivazioni e prevedere le conseguenze a lungo termine. È capitato a Bossou nella Repubblica di Guinea (quella che un tempo si chiamava Guinea Conakry) lo scorso 20 settembre. E io lo scimpanzè Jejè lo conoscevo di persona. Perchè? Chi può essere ritenuto responsabile? Per iniziare, ecco una sintesi della tesi di laurea di Aurora Petracci per l’Università la Sapienza di Roma (relatore Prof. Fabrizio Rufo, correlatore Prof. Augusto Vitale) “Perdita di habitat e cambiamenti comportamentali nei primati: Studio su Pan troglodytes e Lemur catta”, che si è occupata di questi argomenti.
DI: ELISABETTA VISALBERGHI
È capitato a Bossou nella Repubblica di Guinea (quella che un tempo si chiamava Guinea Conakry) lo scorso 20 settembre. E io lo scimpanzè Jejè lo conoscevo di persona.
Parecchi anni fa ero stata ospite del centro di ricerca che si trova nel villaggio di Bossou; lì alcuni primatologi giapponesi da decenni studiano il comportamento di una piccolissima popolazione di scimpanzé, ormai isolata dalle altre che occupano le zone più montagnose dei monti Nimba. I locali da sempre hanno vissuto in armonia con questi animali considerati loro antenati e quindi sacri. Sapevano molte cose di loro e del loro comportamento, ma di fatto li incontravano abbastanza raramente.
Al tempo della mia visita il centro di ricerca prosperava e con lui il villaggio: molti locali lavoravano per loro come aiutanti con vari ruoli (come guide, guardiani, cuochi, ecc.) ed i giapponesi avevano portato aiuti importanti perché sorgessero un ospedale e una piccola scuola. Le cose procedevano per il meglio anche perché per incontrare gli scimpanzé si doveva andare in foresta.
Negli ultimi anni, tuttavia, i ricercatori avevano documentato alcune incursioni degli scimpanzè nei campi coltivati e le reazioni di chi li coltivava diventavano meno amichevoli. Antenati o meno, un campo rovinato è difficile da accettare senza fare una piega, soprattutto quando si ha bisogno del raccolto per sfamare una famiglia.
Ma arriviamo all’oggi. Una giovane mamma se ne stava nel campo di cassava quando un grosso maschio adulto, per l’appunto Jeje, le si è avvicinato, l’ha morsa e le ha strappato via la neonata di 8 mesi che lei, immagino io, aveva addosso legata dentro un telo. Il corpicino senza vita della piccola è stato ritrovato a circa 3 km di distanza dagli abitanti, che lo hanno trasportato al Bossou Environmental Research Institute. Lì il dolore si è trasformato in rabbia e il centro di ricerca è stato preso d’assalto.
Perché i ricercatori giapponesi sono ritenuti responsabili dell’accaduto? Perché quello scimpanzé ha agito come nessuno prima di lui a Bossou? Prometto di approfondire le questioni e di fornirvi per lo meno una serie di possibili spiegazioni.
Nel frattempo, vorrei però che leggeste una sintesi della tesi di laurea di Aurora Petracci per l’Università la Sapienza di Roma (relatore Prof. Fabrizio Rufo, correlatore Prof. Augusto Vitale) “Perdita di habitat e cambiamenti comportamentali nei primati: Studio su Pan troglodytes e Lemur catta”, che si è occupata di questi argomenti.
Alcuni studi sui conflitti fra l’uomo e gli altri primati
di Aurora Petracci
In un mondo sempre più connesso, gli equilibri naturali sono minacciati dall’attività umana. La deforestazione e la perdita di habitat naturali sono sfide globali che influenzano profondamente la fauna selvatica. La biodiversità si riduce, alterando piccoli e grandi ecosistemi. La conversione del terreno in terreno agricolo, l’espansione delle attività umane e la crescita demografica minacciano molte specie e il loro repertorio comportamentale. Illustrerò ora 5 articoli che esaminano il comportamento degli scimpanzé in relazione all’habitat in cui vivono.
La ricerca di Kühl e collaboratori, pubblicata su Science (DOI:10.1126/science.aau4532), ha considerato i comportamenti di 144 differenti comunità di scimpanzé dimostrando che negli ambienti ad alto impatto antropico, gli scimpanzè presentano meno dell’88% del loro completo repertorio comportamentale. Questo suggerisce che l’interferenza umana limiti la ricchezza delle loro interazioni sociali e tradizioni culturali.
Uno studio meno recente di Bryson-Morrison e collaboratori https://doi.org/10.1007/s10764-016- 9947-4 condotto a Bossou nella Repubblica di Guinea mostra come la costruzione di strade e l’aumento degli insediamenti umani hanno modificato le abitudini alimentari degli scimpanzé. In particolare, l’espansione delle terre coltivate ha comportato una riduzione della distanza fra colture e habitat degli scimpanzè. Ormai questi primati visitano regolarmente le aree coltivate in cerca di cibo e vi sono conflitti con gli agricoltori. Per ridurre i rischi, gli scimpanzé hanno sviluppato adattamenti come l’alimentarsi di notte e l’attraversare le strade in gruppo. Tuttavia, gli incontri con gli agricoltori e l’impatto con i veicoli rappresentano una minaccia significativa.
Una ricerca condotta da Andrasi e collaboratori (https://doi.org/10.1111/conl.12839) in otto paesi dell’Africa occidentale (Ghana, Repubblica di Guinea, Guinea Bissau, Costa d’Avorio, Liberia, Mali, Senegal, e Sierra Leone) ha studiato l’impatto delle strade sulla vita degli scimpanzé. (Pan troglodytes verus). Lo studio individua le “zone a effetto-strada” (REZ), cioè aree in prossimità di strade trafficate in cui si registrano effetti ecologici diretti sulle popolazioni di i alcune specie, tra cui gli scimpanzé. Per gli scimpanzé, la REZ stimata è tra 15,8 e 18,6 km di strade principali. La costruzione di strade comporta perdita di habitat, aumento della mortalità dovuta a incidenti stradali e modifica delle dinamiche ecologiche e sociali all’interno delle popolazioni. Questi fattori costituiscono una minaccia significativa per la sopravvivenza degli scimpanzé e per la biodiversità in generale.
In un’altra ricerca condotta da Van Dijk e collaboratori, 122 scimpanzè sono stati osservati per 29 mesi ogni qualvolta attraversavano una strada trafficata. L’autostrada di Sebitoli, nel nord del Parco Nazionale di Kibale (Uganda) era percorsa mediamente da 90 veicoli all’ora, molti dai quali andavano ad una velocità do 70-100 km/h. Si è osservato che gli scimpanzé si dimostrano estremamente cauti nell’attraversare, con il 92% che controllava entrambi i lati prima di attraversare e il 57% che si limitava a correre per arrivare più rapidamente possibile dall’altra parte (DOI: 10.1002/ajp.22417). Inoltre lo studio ha anche esaminato la relazione fra habitat e costruzione del nido. È risaputo che gli scimpanzè costruiscono nidi con rami e foglie per dormire e, per evitare parassiti, ne fanno uno nuovo ogni notte. Van Dijk e collaboratori hanno dimostrato che, a causa della minore disponibilità di alberi ad alto fusto dovuta alla deforestazione , nella regione di Bulindi (Uganda), l’altezza media dei nidi si è ridotta (da 18,47 m. a 14,81 m.). Ciò aumenta i rischi di predazione e di contatto con l’uomo.
Questi adattamenti riflettono la capacità di sopravvivenza in un ambiente in rapida trasformazione, ma comportano nuovi rischi, tra cui una maggiore esposizione a parassiti e predatori. Ogni specie ha un ruolo cruciale nel suo ambiente, e la loro perdita può avere ripercussioni su molte altre forme di vita.
Adottiamo pratiche sostenibili e politiche di conservazione per invertire il degrado ambientale.