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Conosciamo i gibboni, scimmie antropomorfe minori

Conosciamo i gibboni, scimmie antropomorfe minori
8 Luglio 2025 Redazione

Una nuova sezione del sito “JaneGoodall.it – Scimmie Antropomorfe Minori” dedicata ai gibboni, quelle agilissime scimmie asiatiche strettamente imparentate alle grandi scimmie antropomorfe. Mentre quest’ultime, e soprattutto gli scimpanzé, sono state da sempre al centro dell’attenzione i gibboni erano pressoché ignorati. Dato che in questi ultimi anni il numero di esemplari presenti in Italia in varie strutture zoologiche è aumentato, abbiamo pensato fosse opportuno dedicare loro la giusta attenzione.

DI: ELISABETTA VISALBERGHI

Vi invito pertanto a leggere nella sezione “Gli scimpanzé e le altre antropomorfe negli zoo italiani” la parte dedicata ai gibboni e vi consiglio, se potete, ad andare a vederli nelle strutture italiane che li ospitano.

Colgo quest’occasione per raccontare qualcosa che riguarda il gibbone dalle guance dorate (Nomascus gabriellae), una specie che in Italia è presente nel Giardino Zoologico di Pistoia e nel Parco Faunistico La Torbiera di Novara. Il nome comune di queste scimmie fa riferimento al colore dorato del pelo delle guance dei maschi, diverso da quello del resto del corpo. Il nome latino Nomascus gabriellae indica il genere (Nomascus) e la specie (gabriellae) secondo la tassonomia linneana, e gabriellae ha una storia interessante di recente raccontata da Katrina Gulliver in un articolo negli Archives of Natural History (47.1: 29–40, 2020) pubblicato dalla Society for the History of Natural History di Edimburgo.

Gabrielle Maud Vassal era un’appassionata naturalista inglese sposata con un medico francese che prestava servizio nelle colonie del suo paese, come il Gabon, in Congo e l’Indocina. Gabrielle, invece di occuparsi solo di cose prettamente “donnesche”, si dedicava anche ad esplorare la natura di questi luoghi. E, come spesso si faceva allora, finiva per cacciare e/o ottenere dai locali gli animali che altrimenti avrebbe potuto vedere solo da lontano. Gabrielle iniziò a vendere gli esemplari catturati ai Musei di Scienze Naturali di Occidente. Aveva rapporti soprattutto con il Museo di Storia Naturale di Londra (allora parte del British Museum), ma non accontentandosi di commerciare, diventò essa stessa un’esperta naturalista. Gabrielle scriveva regolarmente ai curatori di queste istituzioni che lei riusciva a rendere più ricche e complete grazie a casse e casse di animali imbalsamati, scheletri, pelli e reperti di vario tipo. Gran parte del lavoro veniva svolto da locali che lei stessa aveva addestrato a cacciare e a conservare con le procedure adeguate. Dalla lettura delle sue lettere ai curatori, la Gulliver ha dedotto che divenne presto loro “amica” e che le sue descrizioni, che spesso coprivano anche aspetti della vita  in questi paesi e delle barriere culturali che si trovava ad affrontare, erano molto apprezzate.

Era sicuramente singolare che una collezionista (donna non lo dimentichiamo!) che operava in colonie francesi mandasse il materiale raccolto in Inghilterra. Inoltre lei divenne anche una brava fotografa (siamo nelle prime decadi del ‘900) e teneva conferenze in cui parlava dei suoi viaggi avventurosi. Alcuni dei reperti inviati da Gabrielle Maud Vassal ai musei erano di specie scoperte di recente e altre erano ancora sconosciute. A queste ultime venne attribuito un nome specifico in onore suo e, la maggior parte delle volte, del marito. A quei tempi sembrava impossibile che una donna fosse una così esperta naturalista da ricevere questo onore e così gran parte del merito venne dato al marito. Il marito era anche lui un naturalista ma, dato che lavorava, non aveva certo così tanto tempo da dedicare a questa attività. E fu solo nel 1909 che Oldfield Thomas, un pezzo grosso del Museo di Londra, diede a Gabrielle Maud Vassal il giusto merito dando il suo nome al gibbone che lei aveva scoperto. Ecco perché il gibbone Nomascus gabriellae si chiama così.

Un ultimo commento. I tanti esploratori e cacciatori locali che hanno aiutato gli esploratori occidentali (facendo talvolta gran parte del lavoro e le cui conoscenze dell’ambiente sono state fondamentali per il successo delle operazioni) sono … “dimenticati”. Solo in tempi recentissimi i ricercatori hanno iniziato a ringraziarli e a dar loro (ma solo raramente) il ruolo di co-autori.

Istituto Jane Goodall Italia
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