Dobbiamo pensare al cambiamento climatico in rapporto alla biodiversità e alle disuguaglianze ambientali o non otterremo mai il cambiamento di cui abbiamo bisogno.
Si tiene a Dubai in questi giorni il 28° meeting della Conferenza delle Parti (COP) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).
“Stiamo osservando le conseguenze della folle idea secondo la quale può esserci uno sviluppo economico illimitato su un pianeta con risorse naturali limitate e una popolazione in crescita” ricorda Jane Goodall “vengono prese decisioni volte al guadagno a breve termine piuttosto che impegnarsi, economicamente, per proteggere l’ambiente per il futuro.
Si stima che la popolazione del mondo sia attualmente di oltre 8 miliardi di esseri umani e ci aspettiamo che si avvicinerà ai 10 miliardi nel 2050. A questo si aggiunge il nostro avido stile di vita, la sconsiderata combustione di fossili, la richiesta di carne, la povertà e dobbiamo anche affrontare la corruzione”.
Perdita di varietà biologica e cambiamento climatico sono causati dalle attività economiche umane e si consolidano a vicenda; hanno gravi ripercussioni sulle comunità, specialmente le più vulnerabili del pianeta, e sugli ecosistemi da cui dipendiamo. Niente potrà essere risolto con successo se non affrontato insieme.
Contenere l’innalzamento della temperatura a 1,5 C° è fondamentale per limitare l’impatto negativo del cambiamento climatico sull’umanità e sulla natura. Raggiungere questo obiettivo è essenziale per assicurare che il sistema natura continui a fornire servizi ecosistemici fondamentali quali, ad esempio, lo stoccaggio del carbonio e l’adattamento al clima.
Le minacce principali alla biodiversità, che mettono in pericolo molte specie e aggravando il cambiamento climatico, sono il traffico di animali selvatici e la perdita di habitat naturali, la deforestazione. Gli anni di ricerca e gli sforzi per la conservazione dell’Istituto Jane Goodall – presente alla COP 28 con Lilian Pintea e Devin Jacobs del team scientifico internazionale – hanno messo in evidenza che la drammatica perdita di biodiversità è una complessa questione globale radicata nella povertà, nella corruzione, nella mancanza di impegno e nella richiesta sempre crescente di specie esotiche.
La comunità scientifica stima che le scimmie antropomorfe africane perderanno tra l’84% e il 95% del loro attuale habitat a causa del cambiamento climatico, dello sfruttamento dei terreni e per la crescita della popolazione umana. Per questo in Africa, come nel resto del mondo, l’Istituto Jane Goodall sta affrontando la questione della biodiversità, della deforestazione, del cambiamento climatico e delle disuguaglianze ambientali, secondo la sua visione e metodologia olistica.