Il Jane Goodall Institute ha fondato il Centro di riabilitazione per scimpanzé di Tchimpounga (TCRC) nel 1992 nella Repubblica del Congo per creare un’oasi faunistica dove fornire cure e riabilitare gli scimpanzé vittime di bracconaggio o liberati dalle gabbie in cui spesso vengono tenute, in condizioni terribili, per essere vendute. Da allora, più di 190 scimpanzé hanno ricevuto cure a Tchimpounga.
Una nuova collaborazione è stata avviata a Tchimpounga con Perrine Odier, coordinatrice di Projet d’Appui a l’Application de la Loi sur la Faune Sauvage (PALF). PALF è una collaborazione tra tre istituzioni: il Ministero Congolese dell’Economia Forestale e Sviluppo Sostenibile, Aspinall Foundation e Wildlife Conservation Society (WCS).
Mentre le leggi sulla protezione della fauna selvatica sono in vigore in Congo, il paese manca di attuazione e applicazione di queste leggi a causa di una serie di fattori tra cui la corruzione, la mancanza di risorse e di punti di riferimento. PALF indaga sul traffico di specie selvatiche e collabora con la polizia congolese per identificare e garantire che i trafficanti vengano arrestati, seguendo i casi dall’inizio alla fine. Mantengono inoltre i media locali informati di questa attività criminale in modo che gli sviluppi e le leggi vengano comunicati al più vasto pubblico possibile.
Qualche mese fa la WCS ha contattato il JGI di Tchimpounga in merito a uno scimpanzé che viveva nello stesso villaggio in cui Ebelle, un’altra piccola di scimpanzé, era stata salvata qualche mese fa. Ndzele è un piccolo villaggio nella parte settentrionale del Congo, vicino al confine.
Dopo aver appreso di questo nuovo scimpanzé, JGI e PALF hanno avviato un’indagine approfondita per determinare se la notizia di un piccolo di scimpanzé detenuto illegalmente fosse reale o confusa con la notizia di Ebelle, che il JGI aveva già salvato. Dopo alcuni giorni, Perrine Odier ha inviato una foto di uno scimpanzé cucciolo molto malato, ma vivo!
Con il supporto logistico della WCS, gli operatori di PALF hanno condotto la confisca arrestando i responsabili. Quindi, viaggiando con la piccola per due giorni sono giunti nel villaggio di Impfondo dove un membro del team JGI, impegnato nell’area per programma educativo, l’ha presa in carico. Il giorno seguente una squadra di due assistenti veterinari di Tchimpounga arrivata a Impfondo iniziò un trattamento stabilizzante per la cucciola. Dopo qualche giorno i tre intrapresero il viaggio verso Tchimpounga con un volo prima per Brazzaville seguito da un altro per Pointe Noire. Ci sono solo due voli per Brazzaville a settimana, quindi il viaggio è durato diversi giorni tra attese, ritardi e cambi.
La piccola era in pessime condizioni: all’età di circa due anni pesava solo 1,750 kg, aveva la febbre e il suo corpo era paralizzato, tranne per una certa mobilità sul braccio destro. Finalmente, nel corso della notte, il loro arrivo a Pointe Noire. La piccola scimpanzé era in bilico tra la vita e la morte. Le fu prelevato un campione di sangue in laboratorio e poi portata direttamente al centro Tchimpounga del JGI.
Era tanto che non si vedeva arrivare a Tchimpounga un piccolo in condizioni così estreme.
Da subito Antonette, una degli addetti del Centro di riabilitazione, si è presa cura della piccola tenendola sempre tra le braccia (proprio come i bambini, infatti, i cuccioli di scimpanzé hanno bisogno della vicinanza costante della madre) con l’aiuto degli infermieri, disponibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7 che iniziarono una routine di cure e cure. Il giorno successivo i risultati del laboratorio hanno mostrato una anemia grave, le gambe erano gonfie e aveva ipotermia ricorrente. Senza una trasfusione di sangue non ce l’avrebbe fatta, presto praticatale dal veterinario e direttore di Tchimpounga, la dott.ssa Rebeca Atencia.
I giorni seguenti sono trascorsi senza complicazioni con la costante cura e il monitoraggio da parte dello staff di Tchimpounga, che misurava la temperatura e la tenevano al caldo con bottiglie di acqua calda.
La piccola scimpanzé ce l’ha fatta e le è stato dato il nome Perrine, come la coordinatrice del PALF che è stata responsabile del suo salvataggio. Il nome Perrine deriva dal francese Pierre, che significa roccia, un sentimento molto appropriato per la forte determinazione a vivere della piccola scimpanzé.